Domani, mi pare, comincia il Campionato del Mondo di Calcio in Brasile. Oh, gaudio! Oh, giubilo! Calcio, calcio, calcio ovunque si volga lo sguardo.
Tutti infoiati per i mondiali. Io che il calcio non lo seguo se non quando gioca la Nazionale, ma quest’anno non me ne frega niente, potevo non seguire l’onda dell’euforia e infilare nel Nuovo Cinema Amarcord il film con la partita di calcio per eccellenza?
Sì, potevo risparmiarvelo, però il film è troppo bello e quindi ne parlo. Anche perché tutte le volte che lo vedo mi emoziona e ritengo Fuga Per La Vittoria un gran film che chiunque del Club Nostalgici dovrebbe rivedere.
È il 1981 e, se la memoria e la matematica non mi ingannano, manca meno di un anno ai Mondiali di Spagna del 1982. Mondiali vinti dall’Italia, tra le altre cose.
Nei cinema esce Fuga Per La Vittoria, un film sulla Seconda Guerra Mondiale, ma incentrato sul calcio. La regia è di un grande John Huston ormai a fine carriera e nel cast figurano calciatori europei, un Sylvester Stallone già famoso per Rocky, Michael Caine e una leggenda vivente del calcio, ormai ritiratasi, Pelé.
Così a naso, penso che il film fosse rivolto più al pubblico europeo e sud americano, che a quello statunitense.
La trama del film è abbastanza semplice: nel 1941 il Maggiore Karl Von Steiner, Max von Sydow, ex nazionale tedesco, vede dei prigionieri di guerra giocare a pallone. Sono capitanati da John colby, altro ex calciatore della nazionale inglese, e gli viene la brillante idea di fare una partitella tra tedeschi e prigionieri alleati.
Subito la partitella assume proporzioni e significati inattesi: i tedeschi la vedono come un modo per ribadire la loro supremazia e, al contempo, fiaccare ulteriormente il morale dei territori occupati, mentre i prigionieri la vedono come una buona occasione per scappare.
In mezzo c’è Robert Hatch, l’americano chiacchierone che vuole fuggire per i fatti suoi, ma che è costretto a entrare in squadra per realizzare il suo piano di fuga.
Hatch è così usato come contatto con la resistenza francese per organizzare la fuga dei calciatori, ma è costretto a rientrare nel campo di prigionia per spiegare il piano e a rientrare in squadra.
La partita si disputa e, contro ogni aspettativa, diventa la metafora della guerra, con i tedeschi in vantaggio, poi recuperati e, alla fine, annichiliti dall’orgoglio dei popoli occupati.
Fuga Per La Vittoria è liberamente ispirato, soprattutto nel finale, alla famosa Partita della Morte, disputatasi a Kiev nel 1942, tra tedeschi e ukraini.
Ovviamente lo scopo della partita era una vittoria facile dei tedeschi per dimostrare la loro supremazia, solo che gli ukraini all’ultimo minuto non ci stettero e batterono i tedeschi per 5 a 1.
I tedeschi vollero la rivincita, scelsero l’arbitro tra le fila delle SS, così da risultare il più imparziale possibile, e disputarono nuovamente il match. Il primo tempo finì 3 a 1 per i tedeschi. Il secondo tempo gli ukraini lo giocarono seriamente e finì 5 a 3 per gli ukraini.
Uno di loro fu torturato e ucciso direttamente negli spogliatoi. Altri furono deportati nei campi di concentramento o uccisi nel giro di pochi giorni. Alla fine dei giocatori ukraini ne sopravvissero solo 2.
Da qui il nome Partita della Morte.
Il film di Huston finisce in un modo decisamente diverso.
Il fulcro di Fuga Per La Vittoria è tutto nella lunga partita finale, della durata di quasi quaranta minuti, ed è anche la parte più emotivamente coinvolgente del film.
La partita si capisce che è truccata fin da subito. Lo stadio è un’impressionante esposizione di svastiche e soldati, sia dentro che fuori. L’arbitro è compiacente ai nazisti. L’uunico che davvero crede nella partita e che voleva uno scontro onesto è il Maggiore Von Steiner. Tutti gli altri la vedono come una passerella tedesca.
Subito dopo il fischio d’inizio sembra essere una carneficina, i tedeschi commettono falli su falli senza essere fischiati. Azzoppano un giocatore e incrinano una costola a Pelé che è costretto a uscire dal campo. Il primo tempo si chiude sul 4 a 1 per i tedeschi.
Nell’intervallo scoppia il dramma, la resistenza francese ha scavato un tunnel sotto lo spogliatoio per far scappare i calciatori, ma l’orgoglio di alcuni di questi prevale e vogliono tornare indietro per giocare il secondo tempo e vincere. L’unico che vuole scappare è Hatch, che però è il portiere e senza di lui è finita.
Gli alleati tornano in campo e cominciano a rispondere ai colpi dei tedeschi, oltre a inanellare numeri di alta scuola calcistica, che umiliano gli avversari. Attaccanti che scartano tutti, portiere compreso, per segnare, passaggi al volo di tacco a scavalcare i tedeschi e riescono ad arrivare al 4 a 3.
Il goal del pareggio viene annullato e allora Pelé decide di tornare in campo. Pelé sfodera la sua classe immensa, gioca con una mano a sul torace, lascia a piedi chiunque, fa finte, dribbling e tunnel, poi alla fine pareggia con quella rovesciata in aria che entra nella storia del goal definitivo. Quel goal che lo fai una volta nella vita e poi puoi anche ritirarti, che tanto non farai mai più niente di così bello.
Von Steiner, di quel goal, si fa quattro moviole mentali di fila e poi scatta in piedi ad applaudire, unico tra i tedeschi.
E qui scatta il giallo legato al film.
Stallone, convinto di essere il protagonista assoluto del film e aver preteso di giocare senza controfigure, si era già rotto un dito, incrinato due costole e lussato una spalla. Voleva assolutamente che Huston gli facesse segnare il goal della vittoria.
Ci misero un sacco di tempo per convincere Stallone che, anche se era un film, era assurdo che Hutch da portiere scartasse tutti e segnasse. Soprattutto perché per il resto del film il personaggio si è dimostrato una capra a calcio.
Allora Huston ha un’idea fulminante: il rigore inesistente a tempo scaduto per i tedeschi, che potrebbe farli vincere.
Gli spettatori si alzano in piedi, cantano la marsigliese, poi attaccano con un “Victoire! Victoire!” così contagioso che lo urla anche il pubblico a casa.
Il tedesco tira, Hatch para e viene giù lo stadio. Letteralmente. Gli spettatori fanno invasione di campo, travolgono i soldati tedeschi, avvolgono i giocatori alleati e li aiutano a fuggire.
Anche l’ego di Stallone si dichiara soddisfatto della scelta.
John Huston, come dicevo all’inizio, confeziona un film ad alto contenuto emotivo, da cui è impossibile prescindere parlando di Fuga Per La Vittoria.
Sono particolarmente legato a questo film perché è stato uno dei pochi che ho visto con mio padre. Lo davano in Tv, ero piccolo e ancora di guerra e della Seconda Guerra Mondiale ne sapevo poco e niente. Almeno fino alla scena in cui arrivano in squadra i prigionieri dell’est, emaciati e sporchi.
Gli altri giocatori li lavano e poi gli danno da mangiare. Mio padre in quel momento dice: “Non si ricordano nemmeno come si mangia…”
In un attimo ho capito tutto l’orrore della guerra: un mostro capace di farti dimenticare anche come si mangia, che sarebbe la cosa più naturale del mondo, subito dopo respirare. Per me era una roba inconcepibile non ricordarsi come si mangia.
Questa frase mi ha così impressionato, nella sua limpida chiarezza eppure così piena di significato, che mi è rimasta impressa nella testa fino a oggi.
Tutte le volte che rivedo Fuga Per La Vittoria e arriva la scena dei prigionieri dell’est, sento mio padre che dice: “Non si ricordano nemmeno come si mangia…” e mi emoziono, in un modo che nessun altro film mi ha mai fatto emozionare così.
Tutti i film del Club Nostalgici:
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Scritto da: MrChreddy
"Sono la prova scientifica che si può vivere una vita intera in completa assenza di cervello"
“Ufficialmente non esistono”, ” La Germania non li riconosce come prigionieri”.
Tra gli Internati Militari Italiani, malnutriti quanto gli est-europei ma un poco più garantiti, c’era invece mio padre; che, in quella “immensa tragedia” («Casablanca»), ebbe la buona sorte di poter tornare a casa, nell’estate 1945, e di vivere abbastanza bene fino all’inizio di questo decennio.
Grazie per le tue parole.
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“Se scappiamo adesso, perdiamo molto più che una partita”.
«Fuga per la Vittoria» è un cult-movie assoluto anche per me, più de «La Grande Fuga» (che pure amo).
Visto ripetutamente in sala ed in Tv, registrato su vhs, collezionato in dvd: non potrà mai venirmi a noia.
Ricordo che la prima volta, una domenica pomeriggio, vivemmo la partita finale come se fosse disputata in quel momento, e come se la platea del cinema fosse un settore di Colombes: il primo gol di Bobby Moore, il funambolismo di Osvaldo Ardiles, l’acrobazia di Pelé, la parata di Sly…e la “Marsigliese” (a richiamare un’altra scena di «Casablanca»).
L’episodio storico al quale hai fatto riferimento aveva già ispirato il film ungherese «Due tempi all’inferno» – 1962, di Zoltán Fábri, che non sono mai riuscito a trovare (proverò su Amazon).
E il grande John Huston andò a girare questo – liberissimo – remake proprio in terra magiara.
Potrei dilungarmi come nel caso di «Rambo» e di «Ritorno al Futuro», però adesso – purtroppo – me ne manca il tempo: i’ll be back.
Ciao Marco V.
Scusami se di là non ti ho ancora risposto, ma non ho avuto il tempo per pensare ad una risposta adeguata
e, soprattutto, degna dello spessore dei commenti del prof.
Ciao grande.
Ciao Marco, mi spiace per tuo padre, ma son contento che sia tornato da voi. E condoglianze per il resto :(
Non volevo dire cose brutte o offendere nessuno.
Sì, ricordo molto anche a me, in alcuni passaggi come la fuga di Hatch, La Grande Fuga, ma questo è un po’ più “allegro” se vogliamo.
Per il resto questo film è pura emozione, più che qualità artitistica o tecnica.
Sulla Partita della Morte hanno fatto vari film, ma non se ne trova nessuno purtroppo :(
Niente di brutto né offensivo, Mister, ci mancherebbe.
Hai detto cose bellissime, che ti fanno onore; ed hai reso omaggio a tutte le «Casualties of War», per citare una delle rare incursioni di Michael J. Fox al di fuori dell’àmbito umoristico o fantastico (giuro che avevo abbozzato queste righe stamani di buon’ora, prima che commentasse DDD).
La gratitudine per le tue parole veniva – e viene – dal profondo dell’animo, caro Marco: anch’io ti sono vicino, nei sentimenti espressi (con più ragioni di me) alla fine della recensione storica, che ben meritava – mai quanto ieri – la definizione di “Amarcord”.
Mi sono lasciato trasportare da quell’onda emotiva, in modo naturale, e forse ho un po’ intristito l’amosfera del tuo blog. Ne domando scusa a tutti.
Francamente, non vedo l’ora di rifinire e pubblicare le altre spigolature personali. meno serie che facete, riguardo a «Fuga per la Vittoria».
Ciao a presto.
Ci sono tre film a cui sono (calcisticamente) affezionato:
uno è fuga per la vittoria
un’altro è l’allenatore nel pallone
e poi c’è il punto di vista del tifoso: “febbre a 90”.
Ve lo dico: da domani le mia vita sociale arriverà al minimo storico da 4 anni a questa parte.
Bello tappato in casa a spararmi una partita dietro l’altra.
Ho già pronti i cerotti per le piaghe da decubito.
I miei amici sono tutti appassionati di calcio, quindi non ci sono problemi di incombenze esterne,
il problema, invece, è il risvolto femminile… in genere sbucano fuori sempre quando c’è una partita che voglio vedere e ho pianificato tutto per un pomeriggio-serata a base di indigestione di calcio.
Figuriamoci: ora che ci sono i Mondiali vorrano prendere un gelato, fare un aperitivo, fare una passeggiata, fare una scampagnata, lo so è così, la storia lo dice.
Ho già avuto un’avvisaglia, per capirci.
Per ora ho preso tempo.
Siccome ho oggettive difficolta a spiegare all’altro sesso che Costa d’Avorio – Giappone è più importante del suo splendido programma
indico un concorso all’interno del blog:
“trova una scusa plausibile per rimanere in casa”
Regole:
1. Non vale darsi malato
2. Non vale dire la verità
3. Non vale non rispondere al telefono
4. Non valgono scuse che non consentano il ripristino dello status quo pre Mondiale
5. Non vale assssolutamente invitarla a vedere la partita con te
Si ringrazia quanti vorranno partecipare.
Non si vince niente, se non la mia eterna gratitudine
e un posto assicurato in Paradiso.
Ok, da oggi sei infognato con le partite. Che tra l’altro saranno tutte di notte a orari improponibili. Per il resto del giorno che fai? Training autogeno?
Cmq beato te che hai le femmine che non ti lasciano in pace :D
Tutte di notte a orari improponibili?
Ma dove l’hai letta sta cosa?
Ne fanno, grosso modo,
una alle 18
una alle 21
una alle 24
Le partite oltre le 24 saranno una o due
per via dei fusi orari di quelle Nazioni.
Per quanto riguarda le donne che non mi lasciano in pace, ahimé, nel modo in cui la metti tu
non corrisponde a verità.
Le donne mi lasciano sempre in pace
(modo elegantissimo per dire che non mi calcolano)
tranne
quando effettivamente la cosa mi tornerebbe comoda.
Ah, ok, giusto… e fino alle 18, 22 e 24 che fai? :D
@ Messer Satanasso
Estremamente cortese, come sempre: ti ringrazio e contraccambio.
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“Perché perché / la domenica mi lasci sempre sola…?”.
Nel nome del sodalizio maschile e di una visione post-copernicana, in cui la Terra gira attorno al pallone, passo quindi al suggerimento da te invocato.
Ma con la discrezione di rivolgerlo a me medesimo, ipotizzando che io abbia la – buona – ventura di trovarmi nella situazione descritta.
Anzi, ricorro ad un artificio “letterario” e faccio proprio finta che sia così, onde evitare una pesante schidionata di verbi al condizionale.
Chi non ha un romanzo nel cassetto, scagli la prima pietra.
Quindi all’altra metà di Sky posso dire che mi è venuta una brillante ispirazione: scrivere un libro intitolato «IL VERDE E L’ORO». Non sarà la risposta a «Il Rosso e il Nero» di Stendhal ma appunto a «Fever Pitch» di Nick Hornby; infatti avrà come sottotitolo «Diario di una febbre mondiale».
(Naturalmente le spiegherò che il binomio di cui sopra vuole alludere da una parte ai colori della Nazione ospitante 2014, dall’altra al terreno di gioco ed alla Coppa del Mondo).
Affinché l’opera – sia pur romanzata – abbia l’inconfondibile sapore della vita vissuta, e del football seguìto con i propri occhi, è necessario che io assista al maggior numero possibile di match, in diretta e in differita.
Se e quando avrò trovato un editore, la comprensione della gentile avrà il riconoscimento che merita (captatio benevolentiae), sotto forma di dedica sul frontespizio.
Specialmente dopo la fase a gironi, con la rarefazione delle partite che i turni ad eliminazione diretta comportano, non mi sarà difficile abbozzare qualche cartella su Word, nell’eventualità che la beneamata desideri prendere personale contezza della “felice vena creativa” (per curiosità, non necessariamente per diffidenza).
Altre utili contromosse:
– se lei mi domandasse “Perchè non me l’hai detto sùbito?”, io accamperei il naturale riserbo dell’aspirante narratore non molto sicuro di sé, alla maniera di George McFly (istinto materno, a me!);
– se lei tentasse di condividere meco (latino e romanesco) la fruizione dell’evento calcistico, avrei facile gioco a blandirla come potenziale Viola – Gwyneth Paltrow ma precisando che, altresì per la materia trattata, io non sono paragonabile a «Shakespeare in Love» – Joseph Fiennes; e dunque sarei fatalmente deconcentrato dalla sua vicinanza fisica.
Questo complesso di argomentazioni non sono improntate alla più sincera verità, come da tuo regolamento, però nemmeno costituiscono un plateale mendacio dalle gambe – o “leve” – troppo corte (giacchè, con o senza ambizioni, realmente scriverò qualcosa); né faranno scattare il temuto casus belli, suscettibile di precludere un ritorno indolore allo status quo ante 12 giugno.
A volte sono così diabolico che mi faccio paura da solo.
Ma il problema, grande Messere, sono i coperchi…
Prof sei un genio!
Quella del libro è fantastica.
Ci faccio pure la figura dell’intellettuale, toh.
Magari ridimensiono la cosa, per essere un attimo più credibile, insomma, vanno smussati un attimo gli angoli
ma direi che ci siamo.
Grazie Marco
Obregado
Lieto di aver incontrato il tuo gradimento, Messere.
Grazie mille a te; che, peraltro, mi avevi offerto lo spunto di «Febbre a 90°».
“Smussare gli angoli” è una metafora che si incastra perfettamente con quella che avevo usato io, quale riserva conclusiva: i coperchi delle pentole, com’è noto, sono circolari…
Film che mi emozionò tantissimo, Sly poi era il mio eroe. Mi ha lasciato dentro molto.
Per la questione del calcio, non è mio interesse smorzare i toni, ma sensibilizzare i tempi. Di questi tempi i mondiali se si avesse tutti una dignità, dovrebbero essere boicottati, qui in Italia per lo schifo che è diventato il calcio, e per il fenomeno di distrazione di massa che è diventato. In Brasile bruciano le favelas perché altrimenti gli sponsor si fanno una brutta immagine …
… la verità è che così, non si è capito qual’è il vero messaggio del film, ogni potere che prevarica non ha bisogno di svastiche per essere identificato. Ci sono lager a cielo aperto ancora oggi, a Guantanamo e in Ukraina le Agenzie stanno allestendo campi di concentramento per l’imperialismo americano …
… ora, dopo Fuga per la Vittoria, mi piacerebbe vedere un Bel Film che metta in metafora il Nazismo degli americani usato in Vietnam e sganciando due – non una – due bombe atomiche su due città inermi, bruciando milioni di vite e creando il terrore utile alla guerra fredda che sarebbe stata utilizzata nel teatrino del “dividi e impera” degli anni a venire …
… ora si dovrebbe combattere per i milioni di persone che stanno sul lastrico e non arrivano a fine mese e per le migliaia che si suicidano senza che i giornali ne diano notizia o la reale importanza…
.. no, non è comodo così, è più importante distrarre (la usava anche Goebbels questa tecnica) i popoli e guidare l’entusiasmo sull’ultima troietta che si scopa Balotelli e i tweet di 11 bastardi che guadagnano milioni di euro alla faccia di bambini a cui bruciano la casa – proprio in questo momento …
… poi però entrano in campo, si fanno il segno della croce, e tengono per mano un bambino.
FACCIAMO SCHIFO
Purtroppo devo concordare con te… :(
Io, invece, se mi è permesso,
non concordo affatto.
O meglio, posso essere d’accordo sul fatto che il Mondiale non andasse disputato in Brasile
o sulla bruttura delle favelas incendiate
su cui però non entro perché non conosco nè la questione.
Quindi la piglio per buona, ma non ho elementi per discutere.
Quello che invece discuto è che questo discorso sarebbe condivisibile se valesse sempre, in ogni settore,
e non solo per le cose di cui non ce ne frega niente
tipo, in questo caso, il calcio.
Massì
boicottiamo il Mondiale
(così finiscono nel cesso altri soldi, of course).
Ok, ma come mai questo discorso non riciccia fuori, chessò, per i film sui supereroi?
O per i videogiochi?
Si spendono soldi e soldi per fare videogiochi sempre più perfetti, al prezzo a cui magari non tutti possono accedere
mentre lo stesso budget si potrebbe reinvestire per qualcosa di più concreto.
Toh, e mi sono bello bello incastrato nel politically correct, sulla mia bella torre d’avorio da cui nessuno può farmi scendere, perché sono inattaccabile.
Eh, ma i calciatori guadagnano milioni.
E gli attori dei film, invece? Campano coi buoni pasto?
Eppure non mi pare che si parli di boicottare il cinema
(giustamente, aggiungo).
Tanto più che c’è il rovescio della medaglia.
Il calcio ha salvato tante vite in Brasile.
E’ uno dei giochi più economici del mondo.
4 pietre come pali
e una palla fatta sia pure con scotch e carta.
Una buona percentuale di calciatori brasiliani si sono salvati dalla povertà grazie al talento maturato giocando a piedi nudi nelle favelas.
Io concordo su quanto ha detto Treddy rispetto al mondo del calcio.
E’ comunque un mondo fatto di ipocrisia, un po’ ovunque.
Produrre film o videogiochi costosi non influenza negativamente la popolazione. Per dire, produrre un film in una città porta soldi a quella città o a quel posto. Vedi ad esempio la NUova Zelanda con la storia del Signore degli Anelli ha incrementato notevolmente il turismo con un guadagno della popolazione e un preservamento delle location dei film che, per ora, si sono assicurate un mantenimento in buono stato. Poi una volta che verranno dimenticati i film magari ci sarà un calo, ma intanto c’è un profitto.
Per la programmazione di un videogioco non mi pare abbiano bruciato le favelas o sparato a faveliani per farli stare buoni buoni durante il periodo dell’uscita del gioco.
Lo stadio in cui hanno giocato ieri sera, mi pare, sia nuovo nuovo ed è costato tipo 4 miliardi (la cifra mi pare quella ma magari mi sbaglio). Mettere a posto quello che c’era già costava un quarto, ma non era della squadra per cui tifa Lula. Non chiedermi i nomi perché non li ricordo.
Per i mondiali in Brasile sono girati una valangata di soldi pubblici, mentre la sanità è a pagamento.
Film e videogiochi sono prodotti da aziende private, non pubbliche. A parte in Italia che si prendono sovvenzioni statali per girare i Vacanze di Natale in quanto spacciati per film di cultura.
Quindi sono d’accordo che in ogni campo girino un sacco di soldi, ma un conto sono i soldi privati spesi da aziende private, un conto è quando uno stato ridotto in miseria paghi per ospitare una manifestazione che non si può permettere.
Poi certo, alla favola del calcio puro, che salva i bambini dalla droga, piace credere anche a me, ma quella è un’altra roba rispetto ai mondiali. Il boicottaggio comunque non porta a niente, perché la macchina va avanti da sola e anche se io mi rifiuto di vedere una partita sulla Rai non cambia niente a nessuno. Il problema è che è un sistema malato e contorto, lamentarsi ora non serve, fare le crociate non serve e difenderlo non serve.
Poi ognuno è liberissimo di vederla come si vuole, ma credo che siamo abbondantemente fuori tema, ma sono stronzo io che ho citato i mondiali nell’introduzione pensando di dire una cosa simpatica e invece dovevo continuare a non parlare di calcio, religione e politica.
Anche perché del post vero e proprio non è fregato a nessuno.
Complimenti, una recensione davvero molto bella. Sono schiattato dalle risate quando ho letto: <>. Ci stà proprio tutto!
Tra i simboli “” avevo scritto la citazione sotto la foto in cui Stallone (cioè il suo ego) para il rigore.
Grazie mille Daniele :)